Donne che disarmano. Perché e come la nonviolenza riguarda il femminismo

Non si può smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone” è una frase della femminista e poeta afroamericana Audre Lorde. 

E’ l’indicazione di una strada, l’offerta di una suggestione che è anche traccia precisa per costruire una visione alternativa: non si dismette un sistema violento se lo si imita, adoperando i suoi stessi strumenti, magari affermando che i nostri fini sono nobili e antagonisti del sistema. 

E’ la nonviolenza, quindi, non l’insurrezione non la ‘guerra giusta’ né la rabbia che distrugge, pur se comprensibile di fronte agli abusi, la strada e lo strumento per il cambiamento delle relazioni, per contrastare il patriarcato e il dominio.

Femminismo e nonviolenza sono legati sin dai tempi di Lisistrata e Saffo, e attraverso i secoli, arrivando alla contemporaneità, in tante le donne hanno costruito pratiche concrete di pace, anche in situazioni di guerra.

La costruzione di una società pacifica per donne e uomini può avvenire solo se si interrompe la spirale della violenza, partendo dalla dimensione privata e domestica per arrivare a quella collettiva, sociale, politica, culturale. Non ci sono altre strade se si vuole evitare la guerra, la violenza in tutte le sue forme, prima tra tutte quella maschile sulle donne, e l’ingiustizia.

Donne che disarmano-perché la nonviolenza riguarda il femminismo è il libro nel quale trovare la storia, e le storie, delle pratiche, delle teorie e delle visioni che accompagnano la costruzione del percorso di singole attiviste e di gruppi che fanno della nonviolenza intrecciata al pensiero femminista la strada maestra per affermare un paradigma alternativo a quello violento, tossico e tristemente oppressivo del patriarcato. Nel nome e nel solco di Lidia Menapace, Shirin Ebadi, Rigoberta Menciù, Le donne in nero, e tutte le altre che hanno lottato e lottano con gli strumenti intelligenti ed empatici della nonviolenza.

Scrive Monica Lanfranco: “Sono sempre stata convinta, proprio perché sono una donna e una femminista, quindi conosco la violenza maschile e ho imparato a riconoscerla nelle sue varie forme, che non si può porre fine alla violenza con altrettanta violenza. 

Educare alla pace significa non tanto (o non solo) affrontare tematiche particolari (pace/guerra, diritti, differenze, questione ecologiche, violenza maschile) quanto adottare modalità di pace. Vuole quindi dire occuparsi delle relazioni, educare al confronto tra idee diverse, sviluppare la capacità di gestire i conflitti e il pensiero critico, mettersi in gioco in prima persona nella relazione individuale e sociale in un processo di scambio reciproco e di crescita”.

monica Written by:

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